lunedì 26 maggio 2008

Pre-caria

Faccio come il mio papà, mi invento una simpatica paretimologia. Precaria = erosa e marcita (cf. gergo dentistico carie) ancor prima di cominciare, a priori e a prescindere (pre-). In realtà il mio papà le parole le fa sempre risalire all'arabo, tipo: orologio, dall'arabo "al rah hrlogi" = "c***o, come è tardi"): precariato, dall'arabo "prih, ach ariaht" = "Non preoccuparti, in un modo o nell'altro te la metteremo nel c**o". 
Non ce la faccio più. Ci ho i nervi a pezzettini, mi logoro nell'attesa, non riesco a fare niente perché il pensiero è sempre lì, ai giorni che passano senza che io percepisca uno stipendio, consumando i miei risparmi, senza nessuna garanzia, senza tutele, senza diritti. 
Sono demoralizzatissima (so di non avere la tempra da lottatrice, però le circostanze non aiutano), non so come muovermi per alleviare il mio senso d'impotenza.      

3 commenti:

Andre ha detto...

Discografia per approfondire la depressione e sgorgare in un bel pianto liberatorio:
S. Cristicchi - Studentessa Universitaria
S. Cristicchi - (meno efficace) Laureata precaria
Discografia per capire che solo i forti e i prodi possono tenere testa a una vitaccia del genere e che noi (perdona l'inclusione) lo siamo:
Caparezza - Sono un eroe
Discografia per imparare a tenere duro e a non abbattersi per colpe che non ci appartengono, ma che derivano dalla smania di profitto di chi vuol far soldi sulla pelle dei poveracci:
Ancora non pervenuta...
Un abbraccione grandissimo!
Andre

Clodovea ha detto...

Grazie Andre, apprezzo tantissimo, davvero.
Il pianto è sgorgato a più riprese nel corso della giornata, non è tanto liberatorio, ma amen. Alla CGIL, dove sono entrata con gli occhi rossi e cerchiati per cercare anche solo un po' di conforto, mi hanno accolto come l' "ennesima precaria in lacrime". Vorrei essere forte e incazzusa ma mi sento con le gambe tagliate.

Anonimo ha detto...

Il coraggio è sempre meglio della paura: alla fin fine, l'adottare l'uno o l'altra dipende da una scelta e il coraggio fa sentire molto meglio. Peccato che non sempre si riesca a scegliere per il coraggio...
Andre ha ragione: i precari non hanno colpa, se non quella di non aver scelto facoltà universitarie immediatamente conducenti a un posto determinato nella nostra infernale macchina sociale.
La cosa paradossale, a mio avviso, è che sia lo Stato ha trattare così i lavoratori. Il mio amico Teo in fabbrica è molto più tutelato.