lunedì 20 ottobre 2008

Un maestro che non ho conosciuto

È morto Vittorio Foa. Da lui, dalle sue Lettere dalla giovinezza, ho imparato moltissime cose, anche su me stessa. Gli devo moltissimo, anche se non ho mai sfruttato l'occasione offerta dalla sua eccezionalmente lunga, lucida vecchiaia per incontrarlo di persona. Passò da Venezia qualche settimana prima che io scoprissi chi fosse e mi appassionassi alla sua vicenda e alle sue parole. Ho subito rimpianto questo incontro mancato. È una delle tante occasioni che mi sono lasciata sfuggire. 
Buon viaggio, se mai c'è un viaggio, dottor Foa.

giovedì 28 agosto 2008

Per fortuna che c'è l'Anita

Ci ho un dolore alla base dello stomaco, qualcosa che brucia - ma non è per quello che ho mangiato -, e che non so dominare. Potevo scoppiarci dentro, e invece c'è l'Anitona.
Insieme, abbiamo concluso che:
a) gli uomini devono smetterla di farsi bastare la sufficienza al pelo, perché la coppia non è una classe del ginnasio.
b) di fatto, abbiamo imparato a non aspettarci troppo da loro, ma in fondo al cuoricino continuiamo ad accusare cocenti delusioni, e non ci fanno bene.
c) aspettiamo con fiducia la versione 2.0 del software, sperando che non faccia la fine di Windows Vista.

lunedì 7 luglio 2008

Evviva la sincerità.

Sale trafelata alla stazione di Legnano. È carina, boccoluta, truccata e taccuta. Si siede con un po' di foga di fronte a me, in parte a un'altra ragazza. Probabilmente crede di dover giustificare la sua foga: "Che facce...", commenta, accennando a un gruppo di nordafricani seduti dietro di lei. E aggiunge garrula: "Scusate, è che mi fanno proprio schifo, sono un po' razzista, ma non li posso proprio sopportare, perciò appena vedo delle ragazze italiane mi ci fiondo vicino". E ci regala un sorriso complice. La guardiamo gelate. L'unica cosa che riesco a dire è: "Evviva la sincerità". 
Avrei dovuto alzarmi e dire: "A me invece fanno schifo i razzisti, quindi vorrai scusarmi se vado a sedermi in parte a quei ragazzi". Purtroppo la battuta giusta mi è venuta con un quarto d'ora di ritardo, alla stazione di Rho. 
Non sono poche le volte che vorrei poter scrivere la sceneggiatura dei miei dialoghi con largo anticipo sul ciak, e questa era sicuramente una di quelle.

domenica 29 giugno 2008

Alla fine, ora lavoro. Davvero.

L'archivio è fresco, buio e... enorme! A vederlo ora che è ancora tutto da sistemare viene l'angoscia. Ovunque ti giri, faldoni registri volumoni ci guardano beffardi in attesa di vedere se dureremo fatica. Vengono man mano caricati sulle nostre possenti (?) braccia, puliti (con un pennello...!!), coccolati, descritti e identificati, restano poi in attesa di essere ricollocati in modo sensato.
L'impresa pare ardua, ma non ci faremo certo spaventare da una legione di conti consuntivi e da un manipolo di concessioni edilizie! Alla fine la spunteremo, costi quel che costi (non vi sto a descrivere il colore delle mie mani dopo i primi tre registri, per non parlare di ciò che si è depositato nelle mie narici...). 
La chicca dei primi due giorni: reperimento di moduli per la certificazione di possesso di "velocipedi" in un registro di protocollo della seconda metà dell'Ottocento (non ricordo esattamente la data). 
Vi terrò aggiornati.

lunedì 26 maggio 2008

Pre-caria

Faccio come il mio papà, mi invento una simpatica paretimologia. Precaria = erosa e marcita (cf. gergo dentistico carie) ancor prima di cominciare, a priori e a prescindere (pre-). In realtà il mio papà le parole le fa sempre risalire all'arabo, tipo: orologio, dall'arabo "al rah hrlogi" = "c***o, come è tardi"): precariato, dall'arabo "prih, ach ariaht" = "Non preoccuparti, in un modo o nell'altro te la metteremo nel c**o". 
Non ce la faccio più. Ci ho i nervi a pezzettini, mi logoro nell'attesa, non riesco a fare niente perché il pensiero è sempre lì, ai giorni che passano senza che io percepisca uno stipendio, consumando i miei risparmi, senza nessuna garanzia, senza tutele, senza diritti. 
Sono demoralizzatissima (so di non avere la tempra da lottatrice, però le circostanze non aiutano), non so come muovermi per alleviare il mio senso d'impotenza.      

lunedì 19 maggio 2008

The day after (Report)

Incredibile ma vero, ho sentito delle persone al mercato che commentavano la puntata di Report di ieri. Frammenti di frasi, ma mi è parso di capire che lo scandalo avesse fatto breccia nei loro cuori di consumatori. Allora qualcuno lo guarda!
E lo scandalo non è soltanto che la griffe sia disposta a chiudere occhi e orecchie sulle condizioni di produzione dei loro accessori pur di risparmiare 9 euro a pezzo. È anche che 9 euro avanti e indietro non mi sembra possano essere giustificabili su un prezzo finale che va dai quasi 1000 ai più di 3000 euro. È una cosa che mi manda davvero fuori dai gangheri. Se prima trovavo un prezzo del genere immorale, ora lo trovo criminale. 

giovedì 15 maggio 2008

Metà maggio, su coraggio...

Oggi sono ancora a letto. Malattie di stagione, dicono. Si vede che questa è la stagione delle faringiti. Ieri ho cominciato la cura antibiotica, spero di riprendermi in fretta, visto che ormai sono 10 giorni che me lo trascino, tra alti e bassi, sto benedetto malessere.
Nel frattempo sono riuscita ad appestare anche Andrea, che ora giace al mio fianco con la gola in fiamme e la tachipirina in corpo, nella speranza di guarire presto. 
Il mio imperituro senso del magico mi suggerisce l'immagine di legioni di batteri che hanno affrontato le profondità della mia gola, scalato le mie mucose nasali e poi, sfruttando le correnti ascensionali/discensionali di un mio starnuto, hanno arrembato le cavità orali di Andrea come veri pirati. "Siamo fatti così, siamo proprio fatti così..." (chi ha meno di 25 anni difficilmente capirà il riferimento)...

venerdì 25 aprile 2008

Un giorno di festa

Oggi in piazza ha parlato uno storico, per la prima volta, da che io ricordi, legittimato a prendere parte ufficialmente al rito. Anzi, hanno preso la parola due storici, anche se il secondo è stato meno seguito e meno incisivo (forse anche per via di una fastidiosa 'evve' moscia!). È stato dato spazio agli storici, a scapito dei testimoni, giocoforza sempre più sparuti e stanchi, e dei poeti, che cercano di battere il terreno dell'empatia emotiva. 
Mi sembra un passaggio di consegne importante. Da una lato, rappresenta la presa di coscienza della difficoltà, oggi, di far penetrare e diffondere il senso di accadimenti cruciali ma lontani nel tempo e distanti dagli orizzonti di vita delle nuove generazioni. Lo storico discerne e comprende, fa discernere e fa comprendere, e forse diventa un ruolo davvero cruciale dal punto di vista educativo, non solo per i giovani, ma per la collettività nel suo complesso. Dall'altro questa novità indica, secondo me, un distacco dalla celebrazione, come discorso autoreferenziale e trionfalistico sul passato,  nel senso, invece, della festa, come momento generico di condivisione - e anche di riflessione collettiva - su un dato evento. La retorica non funziona più, è distante dai nuovi orizzonti comunicativi, bisogna trovare nuove formule, attraverso un nuovo senso critico. E forse raccontare la storia con coscienza, senza pretendere di avere la verità in tasca, ma anche senza rinunciare ad insistere sui valori universali che sono in grado di traghettarci verso un futuro migliore, è la strada giusta da percorrere.

martedì 22 aprile 2008

Aram Kian, M di Mantova, N di Napoli

Bello lo spettacolo teatrale Synagosyty di Aram Kian (visto ieri sera al Gobetti di Torino). Mette in scena la sua storia di irano-sinaghese (è cresciuto a Sinago Milanese, la Sinago-city del titolo) con tanta passione. Brava anche la partner, di cui non so il nome. Se lo spettacolo passasse dalle vostre parti, cari internauti, ve lo consiglio vivamente. Grazie al mio Andru che mi ci ha portato.

lunedì 21 aprile 2008

Tirem innanz

Non credo di essermi ripresa ancora dalla legnata. Forse non mi riprenderò per i prossimi cinque anni. Cerco di ignorare la dolorosa fitta allo stomaco che mi prende tutte le volte che il "signore molto piccolo di Como" (Paolini + Mercanti di Liquore) ne dice o ne fa una delle sue (ma dico, come si fa a fare il segno del mitra a una giornalista di un paese dove i giornalisti li fan fuori come niente? È talmente concentrato su se stesso e sui suoi - incommensurabili - bisogni da miliardario ridens da perdere completamente ogni forma di rispetto per gli altri).
Bene, cercherò di ignorare per quanto possibile l'esistenza di questo individuo. Ha ragione chi dice che bisogna ricominciare a ragionare prescindendo da lui e dell'anomalia italiana che porta con sé.
Un bel respirone. Parliamo d'altro.
A destra dello schermo, insieme a libri e siti, ho aggiunto l'elenco dei film che vedo. Vorrei spendere qualche parola su La banda, che dei tre elencati è anche quello che mi è piaciuto meno. La storia è semplice: un banda di musica classica araba proveniente da Alessandria d'Egitto viene invitata a tenere un concerto in una città israleliana. Per un malinteso, i bandisti non raggiungono la loro meta e sono costretti a passare una nottata in uno squallido centro abitato in mezzo al nulla, ospiti di alcuni abitanti del luogo.
Non intendo fare una critica del film, anche perché non ne ho gli strumenti (sono una cinefila "di pelle", non tanto "di testa", per questo mi piacciono anche tante cavolate), ma sollevare un problema che è d'ordine più generale: il doppiaggio. Perché questo film in originale è trilingue: arabo (dei bandisiti perduti) - ebraico (dei cittadini sperduti) - inglese (stentato, di entrambe le parti); e per conservare l'effetto, la versione italiana opta per i sottotitoli per l'arabo e l'ebraico e per il doppiaggio dell'inglese stentato (che però diventa un italiano perfetto). Ma perché mai? Non si poteva sottotitolare tutto quanto (magari scrivendo po' con l'apostrofo e non con l'accento, come sistematicamente accade in questa pellicola), evitando peraltro il fastidioso cambio di voce dei personaggi a ogni cambio di lingua? Perché c'è 'sta mania di doppiare qualunque cosa? A volte i sottotitoli bastano e avanzano, anzi, aiutano a non perdere le sfumature, le atmosfere di un film. E poi il doppiaggio ormai ci viene benissimo su base anglofona, ma con altre lingue (come il francese) l'impresa è molto più ardua e non sempre riesce, creando un effetto di straniamento che - almeno a me - dà un sacco fastidio. 
Ho il sospetto che queste scelte siano condotte sulla base dello strapotere della lobby dei doppiatori, che se potessero, doppierebbero anche la loro mamma che telefona. Perché in Italia funziona così, per gruppi di potere capaci di perseguire con tenacia i propri interessi. Ma forse sono io che sono solo una comunista dietrologa, e amen.

martedì 15 aprile 2008

Non ho parole

Posto quelle di qualcun altro. Scrive mio cugino Tommi, 25 anni, passione politica e intelligenza da vendere. È un articolo lungo, ma lucido e chiaro. A chi è interessato al presente e al futuro di questo paese infelice, ne consiglio vivamente la lettura. 

ANALISI DI UN VOTO STORICO Berlusconi stravince e si accinge a governare per altri cinque anni, conquistando così la possibilità di imprimere una seconda svolta antropologica al paese. Il PdL si prende al Senato Liguria, Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, sottraendole alla defunta Unione e assicurandosi una maggioranza di ferro a Palazzo Madama. Cinque anni di Miliardario Ridens, dunque, ma con una novità: il dilagante successo (quasi un raddoppio dei voti) della xenofoba e populista Lega del Senatore Bossi. Il nuovo esecutivo sarà pesantemente influenzato dalle decisioni prese da Via Bellerio, che saranno improntate alla fine della solidarietà nazionale, alla persecuzione dei clandestini, all'omofobia, a una moltiplicazione delle pene giudiziarie, alla valorizzazione della "nostra" identità cristiana.  Il flusso elettorale si può facilmente schematizzare, sebbene non si tratti di un analisi scientifica: chi cede voti è in primo luogo SA, che passa, in ordine di importanza, alla Lega, a IdV (+ 600.000 voti), all'astensione (almeno metà dei tre punti di astensione dovrebbe essere di sinistra), al PD e alle liste minori 2.500.000 voti, pagando così caro il fallimento della propria partecipazione al governo Prodi.  Il PD incamera voti da sinistra ma ne cede altrettanti, probabilmente di matrice cattolica, alla Unione di Centro di Casini e Cuffaro. Questa a sua volta cede le frange più conservatrici del proprio elettorato al PdL, che a sua volta cede alla Lega. Ma la Lega non guadagna solo dal PdL, bensì incamera anche il voto di molti lavoratori ex di sinistra (fenomeno macroscopico in Emilia e a Sesto S. G.); inoltre si giova potentemente dell'inevitabile (stante lo stato del Paese) vento di anti-politica che spira sullo Stivale: Grillo ha inconsciamente lavorato per Bossi.  L'intero corpo elettorale italiano ha in pratica operato una vigorosa traslazione verso destra: molti italiani hanno votato liste più a destra di quelle votate nel 2006 e hanno quindi deciso del loro futuro. Il quadro politico è molto semplificato: alla Camera PdL, Lega, UdC, PD, IdV e partiti locali; al Senato gruppi solo di PdL, Lega, PD e un microscopico gruppo misto. Gli italiani hanno deciso per un bipolarismo all'americana in cui le differenze contenutistiche fra i partiti sono ridotte al lumicino e hanno eletto un Parlamento in cui si faranno quasi certamente Riforme costituzionali di stampo presidenzialista e federalista, con una drastica diminuzione del flusso di denaro pubblico da Nord a Sud attraverso la redistribuzione romana. Ciò significherà un crollo delle condizioni di vita nel Sud Italia. Le riforme passeranno ai due terzi e quindi senza possibilità di passaggio referendario. La Lega è infatti troppo forte, questa volta, per farsi fermare dai proconsoli meridionali della PdL, come Dell'Utri, Micciché, Schifani: Bossi ha infatti il controllo di Palazzo Madama. Ciononostante ci sarà verosimilmente un aumento della spesa pubblica, probabilmente in faraoniche e costose infrastrutture. Ma la vera novità è la morte parlamentare della Sinistra, in quanto il PD, contenendo Binetti e Calearo, difficilmente può essere considerato sinistra. Non esistono più PRC, PdCI, Verdi e Sinistra Arcobaleno. La cultura politica basata sulla critica all'attuale modello di crescita economica capitalistica sarà priva di rappresentanza: zero deputati e zero senatori. Una cosa del genere non è mai accaduta nella storia repubblicana. Cesare Salvi e Fabio Mussi, giusto per citare gli esponenti più moderati, sono divenuti "sinistra extra-parlamentare", una sinistra (a giudizio dell'elettorato) su posizioni troppo estreme per avere la possibilità di votare le leggi della Repubblica. Il mancato afflusso degli stipendi di deputati e senatori causerà con tutta probabilità il tracollo economico dei partiti della sinistra, ormai esistenti solo sulla carta, impossibilitandoli a pagare stipendi e rate di mutui. Per ora a sinistra non c'è nulla: solo un grande spazio vuoto in cui ricostruire dopo aver spianato con cura le macerie. Le cause del crollo della Sinistra sono la perdita di contatto con il mondo del lavoro, la decisione del suo elettorato di votare PD per sperare di battere il miliardario ridens, la fallimentare partecipazione al governo Prodi, il mancato rinnovamento dei dirigenti e del linguaggio politico, l'incapacità di creare un progetto politico chiaro e facilmente trasmissibile.  Macroscopica è l'incapacità di interpretare il mondo del lavoro del nord, sia nel settore secondario sia in quello terziario, che ha abbandonato SA per passare direttamente a un voto leghista di protesta. La sinistra ha perso un legame vivo con i lavoratori dipendenti del settore privato, che, abbandonati a se stessi, trovano più facile scaricare la crisi di potere d'acquisto sull'immigrazione e sul pericolo cinese che non sul padronato. In assenza di un'adeguata pedagogia, i lavoratori si buttano nella logica della lotta fra poveri e nell'odio anti-politico e anti-romano, consegnando i loro voti nelle mani di Umberto Bossi. Il secondo fattore è l'anti-berlusconismo, la tendenza dell'elettorato di sinistra di votare qualsiasi tipo di uomo politico (anche Mastella, anche la Binetti, anche Calearo) pur di fermare l'uomo di Arcore. Ciò significa che l'identità dell'elettorato di sinistra dal 1994 in poi si è caratterizzata in modo negativo, come un rifiuto del fenomeno Berlusconi, e non in maniera positiva, sulla base di alcuni punti fermi come: no alle privatizzazioni, ampliamento dello stato sociale, aumento della progressività dell'imposta, più salari e meno rendita, decrescita della spesa militare, pacifismo, laicità dello Stato ecc.  Gli effetti di un elettorato cosiffatto sono nefasti per la sinistra perché portano ad accettare anche le più impresentabili mediazioni al centro pur di uscire dal berlusconismo, quando in realtà è proprio accettando queste mediazioni che il berlusconismo, anche se non al governo per un certo numero di anni, viene nutrito e foraggiato, presentandosi poi alle urne qualche anno dopo per riscuotere con gli interessi i frutti del suo breve purgatorio all'opposizione. Di fatto l'elettorato di sinistra si è costituito come uno specchio di quello berlusconiano e, come gli elettori del miliardario sono disposti a seguirlo in capo al mondo, così questo elettorato è disposto a seguire chiunque proclami: "Batterò Berlusconi: si può fare!", nonostante la sua proposta politica non sia chiara o somigli molto a quella dell'avversario. Con ciò contrasta la pervicace volontà dei politici di sinistra di votare leggi davvero efficaci contro il potere berlusconiano, come il conflitto d'interessi e la riforma radiotelevisiva. Il Governo Prodi II è stata esperienza fallimentare per la sinistra in primo luogo perché la composizione parlamentare e lo "spettro del 1998" le hanno impedito di avere peso contrattuale, esponendo la maggioranza ai ricatti di Mastella, in secondo luogo per l'infelice scelta di Fausto Bertinotti di salire sullo scranno più alto di Montecitorio rinunciando a due ministeri. In due anni la sinistra non ha ottenuto nulla tranne il ritiro dall'Iraq. Tutti i dirigenti degli ormai defunti e dissolventisi PRC, PdCI, Verdi, SA hanno enormi responsabilità, in primis quello di aver rallentato e procrastinato oltre ogni ragionevolezza il processo unitario, di averlo attuato in maniera raffazzonata e poco convinta e solo a causa del movimento unitario del PD, a cui ci si è semplicemente conformati dopo anni di incomprensibili veti (si poteva / doveva cominciare già nel 2001).  Inoltre la candidatura di Bertinotti, il candidato premier più anziano dopo Berlusconi, è sintomatica di quanto la cultura politica della sinistra vada riformata e svecchiata, attingendo all'ultima stagione di movimento, cioè al no global (purtroppo soppresso a manganellate) e rinunciando ad anacronistici richiami al comunismo novecentesco, intendendo con questo ogni movimento che non si sia esplicitamente dissociato dal socialismo reale, in quanto tale tradizione politica non è più utile per interpretare il XXI secolo e risulta del tutto incomprensibile alla stragrande maggioranza degli under 30.  Di fatto la sinistra paga il fatto di essere rimasta, almeno per quanto concerne parti significative dei suoi dirigenti e quadri, all'interno del fordismo e della mentalità da grande fabbrica, quando invece il toyotismo si è ormai ampiamente affermato almeno dal 1985, desindacalizzando il mondo del lavoro, atomizzando la produzione e la vita dei lavoratori, mediatizzando la società con la riduzione al lumicino dei rapporti sociali fisici. Da questo punto di vista la sinistra parlamentare è riuscita poco a interpretare la post-modernità, intesa come fase toyotista del capitalismo, legandosi in modo vivo ai movimenti solo nelle sue parti giovanili. Un lessico come "proletariato", "militanza", "rivoluzione", "lotta di classe" risulta ridicolo a quasi tutti i nati dopo il 1975.  Occorre discutere di ambientalismo, decrescita, laicità, pacifismo, multiculturalismo, redistribuzione della ricchezza, globalizzazione e democrazia globale. La società non è più fatta a classi facilmente identificabili e coscienti di sé, bensì di una moltitudine di ceti molto stratificati ma decisamente poco riconoscibili: la concentrazione della ricchezza non è tuttavia venuta meno, essendo al contrario cresciuta a livelli mai raggiunti. La cd "borghesia" è divenuta più spettrale di quanto non fosse il comunismo nel celebre Manifesto e nessuno sa più dove sia o che cosa faccia: un lavoratore che si indebita per compare una Audi TT è un borghese? Parlare di "giustizia sociale", di "eguaglianza", di "ridistribuzione" è doveroso e possibile, ma il lessico sovietico va abolito, così come l'ambiguo riferimento al "comunismo" (parola che ha enorme ricchezza semantica e che indica tanto i nostri partigiani quanto Pol Pot e i Gulag di Stalin) e alla falce e martello. Non è possibile pensare che i lavoratori, anche quelli dell'industria, siano ancora quelli degli anni '70, in quanto il loro modo di lavorare (e di lavorare insieme) è molto cambiato. A livello organizzativo, le strutture burocratico-militari, che ancora nostalgicamente rimembrano il partito avanguardia fatto di rivoluzionari di professione, vanno messe in soffitta in favore di un'organizzazione non gerarchica, in cui le decisioni siano discusse a lungo e non prese dall'alto a colpi di centralismo democratico e in cui si cerchi di raggiungere la maggiore orizzontalità e parità fra i sessi possibile. Anche una visione della politica come carriera professionale a tempo pieno e retribuita va archiviata, non solo perché fonte di gravi degenerazioni clientelari e di settarismi, ma anche perché oramai non c'è più alcuna poltrona da spartirsi.  Questo se si vorrà avere una sinistra (un movimento politico critico nei confronti del fallimentare modello capitalista) in Italia: altrimenti non avremo altro che mercato, mercato, mercato sino al 2050, quando finirà il petrolio e ci sarà, che lo si voglia o no, una svolta epocale, in quanto la crescita economica non sarà più possibile. 

Tommaso Bruni

domenica 13 aprile 2008

Un parto

Questo è in assoluto il voto più sofferto che io abbia vissuto finora. Per fortuna è fatta, ora bisogna solo aspettare i risultati. 
Non voglio più pensarci fino a lunedì, ma ovviamente non farò altro che pensarci. 
Andrea mi vorrebbe più allegra, dice che questo è un blog triste. È che in questi giorni sono davvero provata, da tutto un insieme di cose. Il voto, la speranza e insieme il pessimismo di queste elezioni, mi rendono tesa, in un momento in cui ci sono altri pensieri cupi ad attraversarmi la testa.
Anche se nei prossimi giorni non prevedo grossi motivi per rallegrarsi, domani è un altro giorno, andrà meglio.

sabato 12 aprile 2008

Sogno e son desta

"Sono orgogliosa di essere fascista...". Boato. Boatino, per la verità, perché per fortuna al comizio della Danielona Coscialunga le folle oceaniche non c'erano. Però, cavolo, boatino.
Dove abbiamo sbagliato? Be', io ho 28 anni, di certo non ho responsabilità sui corsi, ricorsi e decorsi dei nostri virus ideologici più antichi, però, dico, noi italiani post-resistenti, come siamo potuti arrivare fin qui, in queste condizioni? M'invade una tristezza...
Stanotte ho sognato le elezioni. L'Italia non era l'Italia, ma un grande palazzo multi-piano, pieno di scale e di ascensori. In un ascensore incontravo due figuri che avevano sciupato per dispetto due fasci di margherite rosse (o erano tulipani? Non ricordo bene). Li guardavo e piangevo di rabbia, e cercavo qualcuno a cui denunciare lo scempio. Non trovavo nessuno che mi ascoltasse, erano tutti indaffarati, concitati per l'esito del voto. Io mi sentivo sola e spersa.
Non ho bisogno di scomodare psico-aùguri e lettori di sogni per capire che sono preoccupata. Molto preoccupata.

venerdì 11 aprile 2008

Stasera

Spero che sia la volta buona. Ho visto dei blog bellissimi e mi è venuta voglia di tenerne uno anche io. Sono un'incostante, ma c'è sempre una prima volta per essere costanti.
A mo' d'inaugurazione, cito una canzone bellissima e che per me significa molto. È un verso che in questi giorni di vigilia mi serve per convincermi che andare a votare è giusto e dovuto:

E poi dicono "tutti sono uguali, tutti rubano nella stessa maniera",
ma è solo un modo per convincerti a restare chiuso dentro casa, quando viene la sera.

Incrociamo le dita e che la democrazia ce la mandi buona.