martedì 15 aprile 2008

Non ho parole

Posto quelle di qualcun altro. Scrive mio cugino Tommi, 25 anni, passione politica e intelligenza da vendere. È un articolo lungo, ma lucido e chiaro. A chi è interessato al presente e al futuro di questo paese infelice, ne consiglio vivamente la lettura. 

ANALISI DI UN VOTO STORICO Berlusconi stravince e si accinge a governare per altri cinque anni, conquistando così la possibilità di imprimere una seconda svolta antropologica al paese. Il PdL si prende al Senato Liguria, Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, sottraendole alla defunta Unione e assicurandosi una maggioranza di ferro a Palazzo Madama. Cinque anni di Miliardario Ridens, dunque, ma con una novità: il dilagante successo (quasi un raddoppio dei voti) della xenofoba e populista Lega del Senatore Bossi. Il nuovo esecutivo sarà pesantemente influenzato dalle decisioni prese da Via Bellerio, che saranno improntate alla fine della solidarietà nazionale, alla persecuzione dei clandestini, all'omofobia, a una moltiplicazione delle pene giudiziarie, alla valorizzazione della "nostra" identità cristiana.  Il flusso elettorale si può facilmente schematizzare, sebbene non si tratti di un analisi scientifica: chi cede voti è in primo luogo SA, che passa, in ordine di importanza, alla Lega, a IdV (+ 600.000 voti), all'astensione (almeno metà dei tre punti di astensione dovrebbe essere di sinistra), al PD e alle liste minori 2.500.000 voti, pagando così caro il fallimento della propria partecipazione al governo Prodi.  Il PD incamera voti da sinistra ma ne cede altrettanti, probabilmente di matrice cattolica, alla Unione di Centro di Casini e Cuffaro. Questa a sua volta cede le frange più conservatrici del proprio elettorato al PdL, che a sua volta cede alla Lega. Ma la Lega non guadagna solo dal PdL, bensì incamera anche il voto di molti lavoratori ex di sinistra (fenomeno macroscopico in Emilia e a Sesto S. G.); inoltre si giova potentemente dell'inevitabile (stante lo stato del Paese) vento di anti-politica che spira sullo Stivale: Grillo ha inconsciamente lavorato per Bossi.  L'intero corpo elettorale italiano ha in pratica operato una vigorosa traslazione verso destra: molti italiani hanno votato liste più a destra di quelle votate nel 2006 e hanno quindi deciso del loro futuro. Il quadro politico è molto semplificato: alla Camera PdL, Lega, UdC, PD, IdV e partiti locali; al Senato gruppi solo di PdL, Lega, PD e un microscopico gruppo misto. Gli italiani hanno deciso per un bipolarismo all'americana in cui le differenze contenutistiche fra i partiti sono ridotte al lumicino e hanno eletto un Parlamento in cui si faranno quasi certamente Riforme costituzionali di stampo presidenzialista e federalista, con una drastica diminuzione del flusso di denaro pubblico da Nord a Sud attraverso la redistribuzione romana. Ciò significherà un crollo delle condizioni di vita nel Sud Italia. Le riforme passeranno ai due terzi e quindi senza possibilità di passaggio referendario. La Lega è infatti troppo forte, questa volta, per farsi fermare dai proconsoli meridionali della PdL, come Dell'Utri, Micciché, Schifani: Bossi ha infatti il controllo di Palazzo Madama. Ciononostante ci sarà verosimilmente un aumento della spesa pubblica, probabilmente in faraoniche e costose infrastrutture. Ma la vera novità è la morte parlamentare della Sinistra, in quanto il PD, contenendo Binetti e Calearo, difficilmente può essere considerato sinistra. Non esistono più PRC, PdCI, Verdi e Sinistra Arcobaleno. La cultura politica basata sulla critica all'attuale modello di crescita economica capitalistica sarà priva di rappresentanza: zero deputati e zero senatori. Una cosa del genere non è mai accaduta nella storia repubblicana. Cesare Salvi e Fabio Mussi, giusto per citare gli esponenti più moderati, sono divenuti "sinistra extra-parlamentare", una sinistra (a giudizio dell'elettorato) su posizioni troppo estreme per avere la possibilità di votare le leggi della Repubblica. Il mancato afflusso degli stipendi di deputati e senatori causerà con tutta probabilità il tracollo economico dei partiti della sinistra, ormai esistenti solo sulla carta, impossibilitandoli a pagare stipendi e rate di mutui. Per ora a sinistra non c'è nulla: solo un grande spazio vuoto in cui ricostruire dopo aver spianato con cura le macerie. Le cause del crollo della Sinistra sono la perdita di contatto con il mondo del lavoro, la decisione del suo elettorato di votare PD per sperare di battere il miliardario ridens, la fallimentare partecipazione al governo Prodi, il mancato rinnovamento dei dirigenti e del linguaggio politico, l'incapacità di creare un progetto politico chiaro e facilmente trasmissibile.  Macroscopica è l'incapacità di interpretare il mondo del lavoro del nord, sia nel settore secondario sia in quello terziario, che ha abbandonato SA per passare direttamente a un voto leghista di protesta. La sinistra ha perso un legame vivo con i lavoratori dipendenti del settore privato, che, abbandonati a se stessi, trovano più facile scaricare la crisi di potere d'acquisto sull'immigrazione e sul pericolo cinese che non sul padronato. In assenza di un'adeguata pedagogia, i lavoratori si buttano nella logica della lotta fra poveri e nell'odio anti-politico e anti-romano, consegnando i loro voti nelle mani di Umberto Bossi. Il secondo fattore è l'anti-berlusconismo, la tendenza dell'elettorato di sinistra di votare qualsiasi tipo di uomo politico (anche Mastella, anche la Binetti, anche Calearo) pur di fermare l'uomo di Arcore. Ciò significa che l'identità dell'elettorato di sinistra dal 1994 in poi si è caratterizzata in modo negativo, come un rifiuto del fenomeno Berlusconi, e non in maniera positiva, sulla base di alcuni punti fermi come: no alle privatizzazioni, ampliamento dello stato sociale, aumento della progressività dell'imposta, più salari e meno rendita, decrescita della spesa militare, pacifismo, laicità dello Stato ecc.  Gli effetti di un elettorato cosiffatto sono nefasti per la sinistra perché portano ad accettare anche le più impresentabili mediazioni al centro pur di uscire dal berlusconismo, quando in realtà è proprio accettando queste mediazioni che il berlusconismo, anche se non al governo per un certo numero di anni, viene nutrito e foraggiato, presentandosi poi alle urne qualche anno dopo per riscuotere con gli interessi i frutti del suo breve purgatorio all'opposizione. Di fatto l'elettorato di sinistra si è costituito come uno specchio di quello berlusconiano e, come gli elettori del miliardario sono disposti a seguirlo in capo al mondo, così questo elettorato è disposto a seguire chiunque proclami: "Batterò Berlusconi: si può fare!", nonostante la sua proposta politica non sia chiara o somigli molto a quella dell'avversario. Con ciò contrasta la pervicace volontà dei politici di sinistra di votare leggi davvero efficaci contro il potere berlusconiano, come il conflitto d'interessi e la riforma radiotelevisiva. Il Governo Prodi II è stata esperienza fallimentare per la sinistra in primo luogo perché la composizione parlamentare e lo "spettro del 1998" le hanno impedito di avere peso contrattuale, esponendo la maggioranza ai ricatti di Mastella, in secondo luogo per l'infelice scelta di Fausto Bertinotti di salire sullo scranno più alto di Montecitorio rinunciando a due ministeri. In due anni la sinistra non ha ottenuto nulla tranne il ritiro dall'Iraq. Tutti i dirigenti degli ormai defunti e dissolventisi PRC, PdCI, Verdi, SA hanno enormi responsabilità, in primis quello di aver rallentato e procrastinato oltre ogni ragionevolezza il processo unitario, di averlo attuato in maniera raffazzonata e poco convinta e solo a causa del movimento unitario del PD, a cui ci si è semplicemente conformati dopo anni di incomprensibili veti (si poteva / doveva cominciare già nel 2001).  Inoltre la candidatura di Bertinotti, il candidato premier più anziano dopo Berlusconi, è sintomatica di quanto la cultura politica della sinistra vada riformata e svecchiata, attingendo all'ultima stagione di movimento, cioè al no global (purtroppo soppresso a manganellate) e rinunciando ad anacronistici richiami al comunismo novecentesco, intendendo con questo ogni movimento che non si sia esplicitamente dissociato dal socialismo reale, in quanto tale tradizione politica non è più utile per interpretare il XXI secolo e risulta del tutto incomprensibile alla stragrande maggioranza degli under 30.  Di fatto la sinistra paga il fatto di essere rimasta, almeno per quanto concerne parti significative dei suoi dirigenti e quadri, all'interno del fordismo e della mentalità da grande fabbrica, quando invece il toyotismo si è ormai ampiamente affermato almeno dal 1985, desindacalizzando il mondo del lavoro, atomizzando la produzione e la vita dei lavoratori, mediatizzando la società con la riduzione al lumicino dei rapporti sociali fisici. Da questo punto di vista la sinistra parlamentare è riuscita poco a interpretare la post-modernità, intesa come fase toyotista del capitalismo, legandosi in modo vivo ai movimenti solo nelle sue parti giovanili. Un lessico come "proletariato", "militanza", "rivoluzione", "lotta di classe" risulta ridicolo a quasi tutti i nati dopo il 1975.  Occorre discutere di ambientalismo, decrescita, laicità, pacifismo, multiculturalismo, redistribuzione della ricchezza, globalizzazione e democrazia globale. La società non è più fatta a classi facilmente identificabili e coscienti di sé, bensì di una moltitudine di ceti molto stratificati ma decisamente poco riconoscibili: la concentrazione della ricchezza non è tuttavia venuta meno, essendo al contrario cresciuta a livelli mai raggiunti. La cd "borghesia" è divenuta più spettrale di quanto non fosse il comunismo nel celebre Manifesto e nessuno sa più dove sia o che cosa faccia: un lavoratore che si indebita per compare una Audi TT è un borghese? Parlare di "giustizia sociale", di "eguaglianza", di "ridistribuzione" è doveroso e possibile, ma il lessico sovietico va abolito, così come l'ambiguo riferimento al "comunismo" (parola che ha enorme ricchezza semantica e che indica tanto i nostri partigiani quanto Pol Pot e i Gulag di Stalin) e alla falce e martello. Non è possibile pensare che i lavoratori, anche quelli dell'industria, siano ancora quelli degli anni '70, in quanto il loro modo di lavorare (e di lavorare insieme) è molto cambiato. A livello organizzativo, le strutture burocratico-militari, che ancora nostalgicamente rimembrano il partito avanguardia fatto di rivoluzionari di professione, vanno messe in soffitta in favore di un'organizzazione non gerarchica, in cui le decisioni siano discusse a lungo e non prese dall'alto a colpi di centralismo democratico e in cui si cerchi di raggiungere la maggiore orizzontalità e parità fra i sessi possibile. Anche una visione della politica come carriera professionale a tempo pieno e retribuita va archiviata, non solo perché fonte di gravi degenerazioni clientelari e di settarismi, ma anche perché oramai non c'è più alcuna poltrona da spartirsi.  Questo se si vorrà avere una sinistra (un movimento politico critico nei confronti del fallimentare modello capitalista) in Italia: altrimenti non avremo altro che mercato, mercato, mercato sino al 2050, quando finirà il petrolio e ci sarà, che lo si voglia o no, una svolta epocale, in quanto la crescita economica non sarà più possibile. 

Tommaso Bruni

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