venerdì 25 aprile 2008

Un giorno di festa

Oggi in piazza ha parlato uno storico, per la prima volta, da che io ricordi, legittimato a prendere parte ufficialmente al rito. Anzi, hanno preso la parola due storici, anche se il secondo è stato meno seguito e meno incisivo (forse anche per via di una fastidiosa 'evve' moscia!). È stato dato spazio agli storici, a scapito dei testimoni, giocoforza sempre più sparuti e stanchi, e dei poeti, che cercano di battere il terreno dell'empatia emotiva. 
Mi sembra un passaggio di consegne importante. Da una lato, rappresenta la presa di coscienza della difficoltà, oggi, di far penetrare e diffondere il senso di accadimenti cruciali ma lontani nel tempo e distanti dagli orizzonti di vita delle nuove generazioni. Lo storico discerne e comprende, fa discernere e fa comprendere, e forse diventa un ruolo davvero cruciale dal punto di vista educativo, non solo per i giovani, ma per la collettività nel suo complesso. Dall'altro questa novità indica, secondo me, un distacco dalla celebrazione, come discorso autoreferenziale e trionfalistico sul passato,  nel senso, invece, della festa, come momento generico di condivisione - e anche di riflessione collettiva - su un dato evento. La retorica non funziona più, è distante dai nuovi orizzonti comunicativi, bisogna trovare nuove formule, attraverso un nuovo senso critico. E forse raccontare la storia con coscienza, senza pretendere di avere la verità in tasca, ma anche senza rinunciare ad insistere sui valori universali che sono in grado di traghettarci verso un futuro migliore, è la strada giusta da percorrere.

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